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Cresce il digitale: in Italia solo il 27% dei ricavi della musica proviene da formati fisici

Il punto di vista di Federico Montesanto

Presidente di MIA- Musica Indipendente Associata

“Il digitale non è il futuro, è il presente”

 

In una recente intervista su Il Sole 24 ore, Frances Moore, CEO di Ifpi, Federazione mondiale della discografia ha offerto il proprio punto di vista sulla musica ai tempi dello streaming.

Pur consapevole di una certezza fondamentale, ossia che a fronte degli innumerevoli algoritmi che hanno rivoluzionato il settore, è sempre il talento a fare la differenza, ha spiegato come l’industria discografica abbia saputo affrontare la rivoluzione digitale e il problema della pirateria grazie ai provvedimenti sulla violazione del diritto d’autore e alla fiducia dell’industria nei confronti dell’era digitale e dei suoi formati liquidi che oggi costituiscono quasi il 60 per cento delle proprie entrate.

Ad eccezione di pochi ed isolati casi, le case discografiche stanno investendo nelle risorse umane e nelle competenze digitali, sia a livello nazionale che globale, per sviluppare nuovi modelli di business che puntino al posizionamento ottimale su quelle piattaforme digitali dove la musica può essere consumata e remunerata con il giusto ritorno economico per il settore.

E’ evidente che il rapporto tra le case discografiche e le piattaforme di streaming sia sempre più stretto, importante e performante affinchè i fan abbiano accesso in ogni misura e modo al consumo della musica che cercano.

Una frase dell’intervista merita particolare attenzione: “Lo streaming è certamente il motore della crescita, vedi il +34% dello scorso anno. Ma noi continuiamo a essere un settore di portafoglio – afferma Frances Moore durante l’intervista – Qui in Italia, per esempio, il 27% dei ricavi della musica registrata proviene da formati fisici”.

Su questo 27% dichiarato dalla Moore, si sofferma Federico Montesanto, Presidente di MIA- Musica Indipendente Associata, una delle più influenti associazioni di categoria che rappresenta e promuove gli interessi dei produttori fonografici, delle etichette discografiche e dei distributori musicali.

Il dato dichiarato dalla Sig.ra Moore deve far riflettere, è un dato che certifica senza ombra di dubbio che il modello di business incentrato sul possesso, in particolare del CD fisico, è oramai desueto e diventerà sempre più di nicchia – afferma Montesanto- Non cavalcare la rivoluzione digitale che oramai è il presente in tutto il mondo, come dimostrano gli ultimi dati rilasciati dal Global Music Report 2019, o peggio sottovalutarla, rischia solo di diventare controproducente e anacronistico. Il presente è un mercato dove vince il modello dell’accesso e dove rendere semplicemente disponibile musica registrata in rete non è più sufficiente, se non si ha anche la capacità di creare posizionamento digitale. È indispensabile quindi una sempre maggiore comprensione, da parte dei produttori musicali indipendenti, delle dinamiche che effettivamente regolano oggi il mercato musicale ed è per questo che MIA si impegna costantemente anche attraverso una corretta e puntuale informazione, affinché i propri associati e la filiera tutta non siano impreparati alle sfide che ci sta ponendo di fronte un futuro digitale, che oramai è già il presente”.